PERSONALE STUDIO D’ARS, 2013
Dal 19 Marzo al 14 Aprile 2013
Daniele Decia della galleria Punto Due di Calice Ligure, storica perchè sulle orme della galleria Punto, apre un nuovo spazio espositivo a Milano, e presenta un progetto curatoriale intitolato “Street D’Ars”, rinnovando la proposta di Studio D’Ars con una selezione di artisti con influenze fra il new pop, l’underground e la street art.
Questa nuova stagione si apre con una personale concentrata sulla poesia di strada, la tipografia e l’evoluzione della poesia visiva italiana che emergono dal lavoro di Opiemme.
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Testo critico di Alice Zannoni
“Street artist, poeta, “graffittaro”, scrittore: Opiemme.
L’incipit tassonomico smentisce se stesso nella misura in cui Opiemme è tutto ciò. Perché scriverlo allora?
Semplicemente per indurre ad una buona lettura del lavoro di Opiemme; la classificazione, come forma mentis universale, è il primo approccio della conoscenza, ebbene se si pensa di conoscere Opiemme etichettandolo per il contesto in cui agisce si percorre la strada sbagliata. McLuhan diceva “il medium è il messaggio” per affermare che il mezzo di produzione espressiva è vettore, se non addirittura fautore, dell’espressività dell’opera. Applicare, come una formula matematica, l’assunto mcluniano a Opiemme significherebbe che il muro, la strada, la tela e la carta, la bomboletta piuttosto che il pennello e lo stencil veicolano il significato del lavoro modificandolo. Indubbiamente una buona dose di semantica è prodotta dal contesto in cui si compie l’operazione, e non si intende confutare McLuhan, ma il punto è un altro per mettere a fuoco la questione: quale è il medium di Opiemme?
La poesia.
La poesia è la genesi e la chiave di lettura della parabola espressiva di Opiemme che coglie, nello svincolarsi rispetto ad un unico paradigma contestuale, differenti piani di lettura: il luogo in cui si esprime l’artista, sia esso la strada o la parete di una galleria, è più esattamente la contemporaneità, sebbene questa sia per definizione una coordinata temporale e non spaziale; il luogo di Opiemme è, dunque, uno spazio mentale a cui ha accesso l’immaginazione e che l’arte modella in forma concreta, tangibile, visibile. Se la potenzialità del pensiero è raggiungere ogni dove, in una mappa individuale senza confini, la necessità dell’artista è comunicare le frontiere trasformandole da solitario baluardo riflessivo a terra di coscienza collettiva: in questo “convettore esponenziale” la poesia diviene mezzo di comunicazione e la condivisione, sempre generosa, sposta l’autoreferenzialità dell’essere in una dimensione di interesse comune.
E’ la ricezione che crea la condizione (con-dizione = dire assieme) e l’estensione dell’applicazione del termine Poesia denota l’intenzione di Opiemme nel creare un nuovo tipo di rapporto tra opera e fruitore giustificando il senso di “arte come azione” e “parola come gesto”. L’operazione non è certo nuova: le avanguardie del primo Novecento hanno fatto storia, le ricerche verbo-visive degli anni ’60/’70 hanno marcato il segno dell’innovazione linguistica aprendo a codici inediti e le sperimentazioni contemporanee mostrano l’attualità del verbo fattosi espressione artistica, ma ciò che conta investigare non sono i natali, che restano sempre riferimento, bensì il processo poietico dell’artista. L’attività di Opiemme è in evoluzione: l’istanza creativa non è dogmatica nei confronti del fare, l’iterazione e lo scambio tra stilemi del linguaggio, così come i flussi espressivi, sono elementi interessanti per qualificare il lavoro sia nella fase di “prelievo”, con la scelta dei frammenti del discorso su cui costruire il messaggio, che in quella del “montaggio” in cui l’artista struttura il metalinguaggio su cui si esercita la critica alla società che fa da sfondo all’oggetto; entrambi i momenti sono pensati e relazionati attraverso la scrittura che diviene il pretesto per arrivare all’immagine attraverso logiche di contaminazione, paradosso, citazione, ripetizione. I momenti di “selezione” e “combinazione”, per dirla alla Saussure, costituiscono il percorso semantico delle opere e sono la ragione profonda della poetica di Opiemme che trova nell’intervento verbale la parte fondante, inscindibile dalla figurazione.
Non c’è metrica, come tradizionalmente intesa, c’è estetica ed in questo frangente la poesia rivela tutto il potere della comunicazione perché arriva al fruitore varcando la soglia dell’impercettibile (lo spazio del pensiero), del verso incompreso e indeterminato in rapporto tautologico in cui l’illustrazione è la descrizione figurale del testo, in cui c’è identità tra linguaggio figurato e immagine anche attraverso il cortocircuito concettuale: dove sono le foglie nell’opera Ungaretti?
Non c’è, in Opiemme, la necessità di oltrepassare la soglia del significato della parola, per questo testo verbale e testo visivo sono equilibrati trainandosi a vicenda nel fine semantico; se l’aspetto iconico prendesse il sopravvento l’immagine diventerebbe significante rendendo superfluo l’elemento verbale, invece c’è sintesi ed è proprio questa capacità di rivisitazione sintetica del sentire che contraddistingue la poetica di Opiemme in cui il segno non rimanda ad una realtà esterna ma si realizza in maniera autonoma come creazione assoluta. Ecco dunque che l’immagine non è la riproduzione mimetica dell’oggetto in sé ma il prodotto visivo della sua concettualizzazione: Lex porcellum ha bisogno di spiegazioni?
La forma visibile della poesia, la parola che diventa materiale dell’operazione estetica, l’aspetto materico del linguaggio, il potenziamento semantico realizzato nella disposizione grafica, l’ostensione del carattere tipografico sono tutte coordinate per cogliere la necessità espressiva di Opiemme in un’ottica di scrittura che assume una rilevanza pubblica, una dimensione di analisi riflessiva e di attività critica.
Alice Zannoni (1981), vive e lavora a Bologna dove si occupa di arti visive come critica d’arte e curatrice indipendente. E’ docente di Storia del Design all’Accademia di Rimini. Ha ideato e organizzato SetUp Art Fair. Più che critica ama definirsi “osservatrice contemporanea”.