Łódź “4 Cultures Festival”, Polonia – Remanufacture

 

“In lovely memory of my father…”

Due nuovi murales per Urban Forms durante il “4 cultures Festival“, nel quartiere di Bałuty, un tempo il Ghetto di Lodz, il più grande ghetto di tutta l’Europa durante l’occupazione tedesca.

A Genova nel 2016 Opiemme aveva realizzato un intervento sulla linea di quello dipinto a Lodz sulla facciata di una scuola: una riscrittura dell’architettura di un edificio razionalista (1937), oggi  sede del Laboratorio Sociale Occupato “Buridda”, e del Fablab.
Entrambi questi recenti lavori si strutturano sull’alfabeto di Władysław Strzemiński, usato anche per il logo della città di Łódź.
Il font di Strzemiński diventa segno su muro.
Un intervento sul ritmo compositivo della facciata di un’architettura costruttivista sovietica.

Testo critico di Claudio Cravero

‘The constant Learner’
“Remanufacture e Aringa. Un tributo a Władysław Strzemiński”
Urban Forms Foundation e Lodz 4 Cultures festival, Lodz, Polonia , 2017

Nel recente lavoro di Opiemme per il Festival delle 4 culture di Lodz, l’intervento pittorico non si concentra su una sola un’immagine, ma ricopre in modo esteso diverse superfici di un edificio scolastico. Dai muri ai marciapiedi e tutt’intorno, ogni passante è come letteralmente circondato da testi e motivi realizzati con pittura spray e sagome riprodotte utilizzando una serie di stencil. Ovunque uno posi il proprio sguardo, i pattern geometrici sembrano unire il suolo al cielo. Inoltre, nel momento in cui l’occhio si concentra sulla texture successiva, ogni cosa attorno ruota come immersi in un diorama nel quale la storia viene raccontata senza interruzione.
Il lavoro di Opiemme è il Tributo a Wladyslaw Strzemiński, avanguardista polacco, pittore astratto e tipografo, che nel 1930 disegnò un font tipografico che ancora oggi porta il suo nome. Per la maggior parte costituito da linee curve, il carattere adottato nell’intervento di Opiemme nasce in un particolar momento della storia polacca. Wladyslaw Strzemiński, infatti, crea questo font con la precisa intenzione di trasferire attraverso una forma di scrittura l’idea di futuro, di dinamismo e di progresso modernista che il paese andava perseguendo in quegli anni. Opiemme usa questo tipo di lettering come punto privilegiato per indagare il realismo socialista e la sua applicazione – nonché traduzione – in determinate forme architettoniche. Si tratta di quelle architetture tipiche degli edifici pubblici che, ancora oggi, rappresentano la quintessenza stilistica del retaggio polacco, e questo senza alcun tipo di corrispondenza culturale rispetto alle diverse comunità che storicamente hanno forgiato la nazione.

La stessa tecnica è anche utilizzata da Opiemme in “Herring/Aringa”, un calligramma-murale realizzato in un parco nelle vicinanze dell’edificio scolastico. In quello che informalmente è chiamato “Parco dell’aringa”, una silhouette
nera a forma di pesce richiama il mercato del pesce che si teneva esattamente nella stessa area fino alla Seconda Guerra Mondiale, ma esso è anche comunemente conosciuto come il ghetto ebraico di Baluty, il secondo più grande in Europa.

In questa direzione, il lavoro di Opiemme in un certo senso disorienta. L’effetto allucinatorio è quasi certamente dettato dalla non-associazione delle lettere. Nel loro flusso ininterrotto, infatti, esse non riconducono ad alcun significato intellegibile. Inoltre, siccome l’intervento ricopre la facciata della scuola elementare, Opiemme vuole sottilmente evocare il potere dell’insegnamento che permea il nostro costante bisogno di scoperta e apprendimento. Durante gli otto giorni di pittura dal vivo, che nel lavoro di Opiemme assume la forma di una performance pittorica pubblica, l’artista ricorda inoltre la recente scomparsa del padre. Tra i diversi pensieri,
Opiemme intende esprimere gratitudine per l’apprendistato seguito all’età di 16 anni. Infatti, inviato dal padre a collaborare con un decoratore d’interni, Opiemme è grato al suo maestro per quel rigore professionale impartitogli e tuttora presente. I testi e i segni di Opiemme ci ricordano come l’insegnamento e l’apprendimento rappresentino un costante processo di auto-costruzione del sé, piuttosto che un’arida serie di abilità da padroneggiare. In questo senso, nel lavoro di Lodz appare ancora più evidente come non vi siano barriere culturali quando si tratta di apprendere. L’apprendimento è come una forza. Essa corrisponde alla nostra propensione umana che ci consente di connetterci agli altri e imparare. Questa forza è ovunque e in ogni tempo. Perché, in fondo, le persone non se vanno mai veramente. Claudio Cravero

Qui un articolo di Urban Forms, “Out of the ordinary. Opiemme Dialogue’s with architecture“, e un’altro di Aleksandra Sumorok, storica dell’arte, e autrice del libro
“The architecture and urbanism of Łódź during the period of socialist realism”: “Opiemme and her dialogues“.

Attenzione: Alcuni degli interventi potrebbero non essere più presenti. Contattateci prima di visitarli, grazie.